In Calabria un centro di accoglienza oncologica per ridurre le fughe verso altre regioni

Fornire ai pazienti con sospetta neoplasia polmonare un punto di accesso unico a un percorso multidisciplinare diagnostico-terapeutico, riducendo così la necessità di cercare cure fuori regione: è questo essenzialmente l’obiettivo di un innovativo progetto messo in atto dall’Azienda Ospedaliera “Pugliese Ciaccio” di Catanzaro. Sviluppato nel contesto della Rete Oncologica Calabrese (ROC), il progetto Centro di Accoglienza Oncologica (CAO) nasce da un’idea della stessa struttura ospedaliera grazie al contributo operativo di OPT e al contributo non condizionante di AstraZeneca.

Un punto d’accesso all’interno della ROC

La finalità della ROC, istituita nel 2015, è la presa in carico globale e continua del paziente oncologico, articolandosi sul territorio interregionale grazie alla presenza dei Poli Oncologici. Proprio per consentire un accesso diretto, il CAO presso il “Pugliese Ciaccio”, attivato quest’anno, indirizzerà il paziente con sospetta neoplasia verso la vista specialistica ambulatoriale o direttamente a un team multidisciplinare con lo scopo di garantire una visione complessiva stabilendo il percorso diagnostico e di cura più appropriato. In questo modo l’utente disporrà di un servizio che faciliti e renda più rapido l’accesso alla struttura sanitaria e che lo accompagni durante l’intero iter di cura. D’altro canto il vantaggio è anche per la stessa organizzazione sanitaria, che vedrà così semplificato e ottimizzato il percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale.

Il ruolo del territorio e del MMG

A rendere particolarmente efficiente il CAO è la modalità di accesso, che raccorda in modo efficace il mondo ospedaliero con il territorio: «Il progetto», spiega Vito Barbieri, Direttore dell’Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera “Pugliese Ciaccio” e responsabile scientifico del CAO, «viene incontro alle esigenze del paziente oncologico calabrese che, di fronte a un sospetto diagnostico, potrà accedere a un percorso specialistico il cui accesso è mediato dal medico di medicina generale». Grazie a un contatto telefonico, questo può infatti indirizzare il suo paziente verso un percorso standardizzato che gli consentirà di eseguire gli esami specialistici più indicati ed essere preso in carico da un team multidisciplinare che comprende oncologi, chirurghi, radioterapisti, infermieri ed eventualmente psicologici e altro personale di supporto. Il tutto in tempi rapidi: «Questo consente una riduzione delle fughe verso altre regioni o verso centri maggiori», aggiunge Barbieri.

Come si articola il percorso del CAO

L’attività del CAO seguirà un percorso predeterminato che parte dall’accoglienza del paziente, momento dedicato all’ascolto e all’informazione, a cui segue l’analisi del bisogno e la presa in carico: a occuparsi di questa fase è lo stesso responsabile operativo affiancato dagli specialisti. Viene poi proposta una programmazione dell’iter diagnostico-terapeutico e vengono avviati il PDTA e il monitoraggio terapeutico del farmaco (TMD).

Sono molti gli aspetti innovativi del progetto, che andrà sviluppandosi nel corso dei prossimi mesi: sicuramente lo è il coinvolgimento del medico di medicina generale,

che costituisce una figura di riferimento e di fiducia, ma anche la presenza nel team della figura del case manager, fondamentale per tenere le fila del percorso di ciascun paziente. «Ciò consente di verificare passo dopo passo il percorso stesso, tenendo traccia degli esami e delle visite e monitorando il rispetto delle tempistiche», prosegue l’oncologo. «Si tratta peraltro di una figura formata specificamente per questo ruolo». Il case manager sarà coinvolto infatti già nella presa in carico ma anche e soprattutto nella calendarizzazione e nel monitoraggio percorso diagnostico e nell’affiancamento del paziente per quel che concerne le procedure amministrative e la logistica.

Un progetto destinato a crescere

Tutto ciò consentirà certamente una migliore appropriatezza diagnostico-terapeutica e dunque una riduzione degli sprechi, permessa tra l’altro anche da un sistema di reportistica aziendale. Non per ultimo, con il CAO si realizza finalmente una reale cooperazione tra territorio e ospedale, che potrebbe essere paradigmatica per future evoluzioni. «Il progetto nasce infatti nel contesto delle neoplasie polmonari in quanto si tratta di un’area clinica con elevate richieste», spiega Barbieri. «Ma nulla vieta che in futuro possa essere esteso ad altre malattie oncologiche, come i tumori del colon o della prostata. E, anzi, ci auguriamo che questo modello possa essere utile anche nella gestione di molte altre patologie croniche».